Cjanorie, tutto d’un fiato

Ogni vitigno ha una propria forma e un proprio colore (del grappolo, del chicco e delle foglie) che danno al vino caratteristiche organolettiche ben definite e inappuntabili.
Come l’esistenza umana ha sempre un che di precario e temporaneo. Così certi vitigni che scompaiono e ricompaiono per donarsi e per cambiare qualche cosa (chissà…).
È il caso del Cjanorie, vitigno storico recuperato e coltivato a Pinzano al Tagliamento. Un rosso di carattere, elegante e piacevole, dal corpo leggero e dal gusto asciutto. Un vino a suo modo innovativo e —  per certi versi —  sperimentale quanto certe poesie di Charles Simić (“Se Dio non voleva che bevessimo, perché ha fatto il vino così buono?”. Chi l’ha detto?) o Lawrence Ferlinghetti (Osa essere un guerrigliero poetico non-violento, un antieroe./ Controlla la tua voce più incontrollata con compassione./ Fai il vino nuovo con gli acini della rabbia./ Ricorda che gli uomini e le donne sono esseri infinitamente estatici, infinitamente sofferenti…).
Un vitigno molto fertile (che esige potature lunghe ed esposizioni soleggiate) che deriva il suo nome da “cjane”, che in friulano vuol dire “canna”. Forse perché si berrebbe “a canna”, tutto d’un fiato, tanto è buono.

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