Il vero bevitore

Il reportage culinario è stato considerato un vero e proprio genere letterario. Nel dopoguerra ci si sono cimentati nomi illustri come Paolo Monelli, Mario Soldati, Luigi Veronelli, Gianni Brera e Vincenzo Buonassisi, tanto per citare i più noti. 

Tra questi nomi si distinse Paolo Monelli — che scrisse nel 1935 Il ghiottone errante, uno dei primi esempi di narrativa di viaggio in tema di enogastronomia — che si definì in modo lungimirante “scrittore con fantasia, ma non d‟invenzione; devoto alla lingua e allo stile, ma non schiavo delle tradizioni, dei modelli, dei luoghi comuni; curioso non di sé o delle sue reazioni, ma delle folle, dei luoghi, dei cieli.”

Monelli fece entrambe le guerre mondiali: la prima come ufficiale degli alpini e poi come prigioniero; la seconda come inviato speciale, sul fronte dalmata e in Montenegro. 

Cominciò la sua carriera giornalistica proprio con una guerra: quella scoppiata nel 1920 tra Russia e Polonia per il possesso della Lituania, cui aveva assistito come inviato del Resto del Carlino.

Non amava inventare casi, voleva narrare fatti. Per questo scriveva quasi sempre in prima persona, ma pensava in terza, “tutt’al contrario del romanziere che scrive in terza persona, ma pensa e opina e argomenta soltanto egocentricamente”.

Esperto gastronomo e raffinato degustatore di vini (da leggere e, appunto, gustare Optimus Potor ossia il vero bevitore, uscito a puntate per la Gazzetta del Popolo e in seguito edito da Treves nel 1935), Paolo Monelli resta uno degli ultimi superstiti di quella strana razza di navigati e buontemponi poligrafi che oggi sembra in via di estinzione.

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