Il vino, si sa, è fortemente radicato nella sensibilità e nella percezione collettiva. È la sintesi di qualcosa di molto più vasto che rappresenta, in un certo modo, l’essenza profonda della nostra cultura e della nostra storia.
Penso al Sangue di Giove, il Sangiovese, che certi autori classici fanno risalire agli etruschi. Un vitigno che si adatta a diversi tipi di terreni, ma che offre il meglio di sé con il calcare in grado di esaltarne gli aromi.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono al lontano ‘600. Si racconta che durante un banchetto tenuto nel monastero dei frati cappuccini in Santarcangelo di Romagna, alla presenza di Papa Leone XII, fu servito questo vino prodotto dagli stessi monaci. Ne fu chiesto il nome e un monaco disse che quel vino rosso si chiamava “Sunguis di Jovis, da cui Sanjovese. Col passare degli anni, il Sangiovese assunse a simbolo della terra di Romagna, pur essendo diffuso in quasi tutto il territorio nazionale (tanto che è il vitigno tradizionalmente più importante dell’areale toscano).