Ogni vino bevuto ha il suo racconto

Ci sono parole che vanno sempre tenute presente e ricordate. Parole sagge e gentili che contrassegnano concetti aiutandoci a vivere meglio.
Chi pronunciava parole di questo tipo era Luigi Veronelli, tra i più importanti uomini di cultura del secolo scorso in Italia. Un filosofo, uno scrittore, un giornalista, un enologo, un gastronomo, soprattutto un anarchico.

Uno che nella sua vita ha “ridotto” l’anarchia, la sua anarchia, a un concetto essenziale (“quando mi chiedono cos’è l’anarchia, so solo rispondere: la libertà dell’altro. È sufficiente per vantarmi anarchico?”) e inequivocabile da cui non si poteva fuggire: l’assunzione di responsabilità. “Né Dio, né Stato, né Padroni”, certo, ma prima di ogni altra cosa assumersi le proprie responsabilità per un mondo di uguali lottando sempre fino in fondo, in modo non violento, per ciò in cui si crede. Questo è ciò che spetta all’uomo e questa è stata la chiave di lettura di tutta la sua vita. La vita di uno che ha camminato la terra con i piedi e con la testa.

E poi la natura, la grande madre a cui tornare alla fine.
Luigi Veronelli ci ha insegnato a non seguire alla lettera gli “esperti” di vino e di cibo nei loro abbinamenti, ma ha insistito perché cercassimo le eccellenze e sperimentassimo provando e riprovando. Celebre e scandalosa fu una sua frase a proposito di quella che era diventata la moda rassicurante dell’abbinamento tra cibi e vini: “io ti dico la mia, ma tu prova e riprova perché il vino è un amante infedele”.

Veronelli si poneva in ascolto della natura unica e intima del vino che nasce nella vigna elettiva o per volontà caparbia del vignaiolo.
Perché “il vino è memoria di paesaggi e di persone, di incontri e di amicizie e quando il vino invecchia, e noi invecchiamo con lui, puoi coglierne il racconto degli anni passati in bottiglia”. Scrive Veronelli: “Ogni vino bevuto ha il suo racconto. Mio proposito renderne facile l’ascolto e la comprensione a te, lettore che ami il vino, che mi leggi, e sei disposto a riconoscerlo amico. Il vino è insomma un valore reale che ci dà l’irreale”.

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